Quando Thomas Carlyle, il celebre
critico-storico inglese scrisse: “Noi siamo delle stoffe di cui son fatti i
sogni”, io credo che non desse altro
significato a questa parola se non l’ordinaria alterazione della fantasia, che
si pasce di speranza e di illusione, ed in questo senso quanti e quanti sognatori!:
sogni della gioventù, sogni di artisti, sogni di giocatori al lotto, sogni di
megalomani.
E questi sogni furono e sono la
maggior parte delle volte irrealizzabili, pericolosi, pazzi. Ma per i
Santi e per Don Bosco, in modo
specifico, la parola sogno ha un valore particolare e di eccezionale
importanza: Nei sogni egli vide tracciata meravigliosamente la sua vita,
l’opera sua lui vivo e dopo morte.
Il grandioso movimento salesiano
che dilaga per il mondo con la maestà di un fiume di portata colossale, ha le sue prime sorgenti nel regno fantastico
dei sogni che hanno la dignità di vere e proprie profezie, di veri comandi
divini come quelli del figlio di Giacobbe, Giuseppe, che nella terra di Canaan
un giorno raccolse i suoi fratelli e disse: “Ho fatto un sogno. Mi sembrava che legassimo i covoni di grano
nel campo ed il mio si alzava e stava dritto, mentre i vostri si curvavano e
adoravano il mio”. Ire dei fratelli: “sarai nostro re e noi saremo soggetti
alla tua potestà?”. Non per questo
tacque Giuseppe e con l’ingenua semplicità dei suoi 17 anni disse: ” Ho fatto
un altro sogno. Ho veduto il sole, la luna e undici stelle ad adorarmi”.
Questa volta c’era anche il padre ad ascoltarlo
e proprio lui si scagliò contro a sgridarlo:
“che vuol dire questo sogno ? Forse io, tua madre
e i tuoi fratelli dovremo adorare te?”.
Il figlio non poteva rispondere e
allargava le braccia come per dire: Che centro io? Da qui ruggine, fiele amaro da parte dei
fratelli, mentre il padre meditava la cosa in silenzio. Passò del tempo ma un
giorno il padre lo chiamò e gli disse: “I tuoi fratelli sono a Sichem a
pascolare il gregge . Valli a trovare e riferiscimi cosa fanno, se hanno cura del gregge e si comportano
bene”. Spedito dalla valle di Ebron
arrivò a Sichem. Ma i fratelli non c’erano, un contadino gli riferì che erano
andati a Dotan. Ma ecco i fratelli di ritorno. Appena s’accorsero che era
Giuseppe e veniva loro incontro esclamarono: “Ecce somniator venit” . Viene il sognatore e
tramarono il tradimento (la morte – il pozzo in primis e la vendita ai mercanti
poi). Ma egli diventò presto il viceré
dell’Egitto, e il sogno come tutti sapete si avverò.
L’opera di Don Bosco è l’epilogo
di un sogno. O meglio tutta la vita di Don Bosco è un continuo succedersi di sogni strepitosi, che rivelano
meravigliosamente il futuro e il programma
glorioso della sua vasta epopea.
Il primo sogno l’ebbe a l’età di
9 anni ai Becchi. E’ lui che parla: “A quell’età ho fatto un sogno che mi rimase profondamente
impresso nella mente per tutta la vita. Nel sonno mi parve di essere vicino a casa in un
cortile assai spazioso, dove stava raccolta una moltitudine di ragazzi che ivi
dimoravano. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. All’udire quelle bestemmie mi son lanciato subito in mezzo a loro
adoperando pugni e parole per farli tacere. In quel momento apparve un uomo venerando
nobilmente vestito. Egli mi chiamò per
nome e mi ordinò di pormi alla testa di quei ragazzi, aggiungendo questa frase:
“ Non con le percosse ma con la
mansuetudine e con la carità dovrai
guadagnare questi tuoi amici. Mettiti subito a far loro un’istruzione sulla
bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù”. Confuso e spaventato
soggiunsi che io ero un povero e ignorante fanciullo, incapace di parlare di
religione a quei ragazzi. In quel momento quei ragazzi cessando dalle risse,
dagli schiamazzi e dalle bestemmie, si
raccolsero tutti intorno a Colui che parlava. Chi siete voi – soggiunsi -
che mi comandate cosa impossibile?
Rispose: “Appunto perché tali
cose ti sembrano impossibili devi renderli possibili coll’obbedienza e con
l’acquisto della scienza”.
- Dove, con quali mezzi potrò
acquistare la scienza?
- Io ti darò la Maestra, sotto la
cui disciplina potrai diventare sapiente
e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza.
- Ma chi siete voi che parlate in
tal modo?
- Io sono figlio di Colei che tua
madre ti ha insegnato a salutare tre volte al giorno.
- Mia madre mi dice di non
accompagnarmi con coloro che non conosco, perciò ditemi il vostro nome.
- Il mio nome domandolo a mia
madre.
In quel momento vidi accanto a
Lui una Donna di maestoso aspetto, vestita di un mando che risplendeva da tutte
le parti come se ogni punto di quello fosse una fulgidissima stella. Scorgendomi
confuso mi fece segno di
avvicinarmi a lei che mi prese con bontà
per la mano e: “Guarda!”, mi disse. I Ragazzi non c’erano più. Al loro posto vidi una moltitudine di
capretti, di cani, di gatti, di orsi e di parecchi altri animali. Ecco il tuo campo dove devi lavorare. Renditi umile, forte e robusto e ciò che in questo momento vedi succedere di
questi animali tu dovrai
farlo per i figli miei.
Volsi allora lo sguardo, ed ecco
invece di animali feroci apparvero tanti mansueti agnelli che saltavano e
belavano come per la festa e accorrevano attorno a quell’Uomo e a quella
Signora.
A quel punto, sempre nel sonno,
mi misi a piangere e pregai quella Donna a voler parlare in modo da farmi
capire.
Ella mi pose allora la mano sul
capo dicendomi: A suo tempo tutto
comprenderai. Ciò detto un rumore mi svegliò e ogni cosa disparve”.
Giovannino rimase sbalordito , né
poté più chiudere occhio. Al mattino con
premura raccontò il sogno ai fratelli
che (imitando in questo i fratelli di Giuseppe figlio di Giacobbe) si
misero a ridere: il fratello Giuseppe
diceva: tu diventerai guardiano di capre, di pecore e di altri animali. No,
diceva il fratellastro Antonio – forse farai il capo dei briganti!-.
Ma la madre, Margherita
Occhiena, una santa donna che vedeva nel
figlio l’oggetto più caro della sua speranza, disse: Chissà che non abbia a
diventare prete! E prete fu, attuando meravigliosamente tutto il programma
del sogno anticipatore. Come Giuseppe , diventato per disposizione divina il
viceré di Egitto, tutte le folle di affamati ricorrevano a lui, così a Giovanni
Bosco accorsero folle di bisognosi .
Anche noi siamo assillati da
tanti bisogni non meno di quelli cui
erano assillati i popoli confinanti con l’Egitto e in specie i figli di Giacobbe. Rivolgiamoci
fiduciosi a San Giovanni Bosco, che moltiplicò il pane ai suoi giovani e quella
moltiplicazione determinò molti ragazzi a non lasciare più l’oratorio e a farsi
salesiani.
La vita di Don Bosco fu piena di
amarezze e contrarietà da parte di
molti, anche dagli stessi suoi amici. Basta ricordare tutte le peripezie
del suo oratorio, le continue
peregrinazioni dalla chiesa di San Francesco D’Assisi fino ad arrivare a casa Pinardi, dove nascerà
il primo oratorio stabile.
Don Bosco uomo di Dio, apostolo
instancabile, non sognò altro che
salvare anime, soprattutto anime giovanili.
“La gioventù, scrisse il
Cardinale Cagliero, era la sua missione, il suo amore, la sua vita e l’unico
desiderio era che questa gioventù amasse Dio e fosse da Dio amata, conservasse
la freschezza dell’età e la purezza del cuore”.
Non si possono raccontare tutti i
sogni di Don Bosco perché moltissimi, ma ad uno in particolare occorre ancora
fare riferimento. Correva l’anno 1878 e Don Bosco verso la metà del mese di
Agosto fece un sogno. Gli sembrò di essere in un campo vastissimo dove facevano
ricreazione animata i suoi cari giovani. Don Bosco in mezzo a loro,
gioviale, dispensava sorrisi. Ma ecco
che mentre girava per i diversi gruppi del vasto campo, posò gli occhi su un
gruppo un po’ speciale. Erano ragazzi dal volto bruno, dagli occhi vividi, ma
gli occhi non sorridevano e i volti erano mesti. “Chi siete ?”
domandò, perché non giocate? Siamo
siciliani risposero, Don Bosco ha
pensato a tutti, tranne che a noi. Don
Bosco, che nel sogno vide anche in lontananza
un centro abitato adagiato ai piedi dell’Etna, si
raccolse in sé ma non disse nulla ad alcuno.
Poco tempo dopo arrivarono delle
lettere di Mons. Genuardi, Vescovo di Acireale, che lo pregavano di assumere la
direzione del Collegio San Basilio di Randazzo. Don Bosco riunì i suoi
collaboratori ma li trovò tutti restii, fu allora che Don Bosco parlò con tanto
vigore e forza che finirono per convincersi.
La Sicilia ebbe i primi salesiani
nell’ottobre del 1879 a Randazzo, dopo
qualche anno a Catania e nel 1893 a Messina. Ormai la scintilla aveva generato un
grande fuoco e presto molte altre case sorsero in tanti centri della Sicilia, dando
all’Opera Salesiana una miriade di sante vocazioni .
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