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lunedì 26 ottobre 2015

Ecce somniator venit (Genesi 37.19).




Quando Thomas Carlyle, il celebre critico-storico inglese scrisse: “Noi siamo delle stoffe di cui son fatti i sogni”,  io credo che non desse altro significato a questa parola se non l’ordinaria alterazione della fantasia, che si pasce di speranza e di illusione, ed in questo senso quanti e quanti sognatori!: sogni della gioventù, sogni di artisti, sogni di giocatori al lotto, sogni di megalomani.
E questi sogni furono e sono la maggior parte delle volte irrealizzabili, pericolosi, pazzi. Ma per i Santi  e per Don Bosco, in modo specifico, la parola sogno ha un valore particolare e di eccezionale importanza: Nei sogni egli vide tracciata meravigliosamente la sua vita, l’opera sua lui vivo e dopo morte.
Il grandioso movimento salesiano che dilaga per il mondo con la maestà di un fiume di portata colossale,  ha le sue prime sorgenti nel regno fantastico dei sogni che hanno la dignità di vere e proprie profezie, di veri comandi divini come quelli del figlio di Giacobbe, Giuseppe, che nella terra di Canaan un giorno raccolse i suoi fratelli e disse:  “Ho fatto un sogno.  Mi sembrava che legassimo i covoni di grano nel campo ed il mio si alzava e stava dritto, mentre i vostri si curvavano e adoravano il mio”. Ire dei fratelli: “sarai nostro re e noi saremo soggetti alla tua potestà?”.  Non per questo tacque Giuseppe e con l’ingenua semplicità dei suoi 17 anni disse: ” Ho fatto un altro sogno.  Ho veduto  il sole, la luna e undici stelle ad adorarmi”. Questa volta c’era anche il padre ad ascoltarlo  e   proprio lui si scagliò contro a sgridarlo: “che vuol dire questo sogno ?  Forse io,  tua madre  e i tuoi fratelli dovremo adorare te?”.
Il figlio non poteva rispondere e allargava le braccia  come per dire:  Che centro io?  Da qui ruggine, fiele amaro da parte dei fratelli, mentre il padre meditava la cosa in silenzio. Passò del tempo ma un giorno il padre lo chiamò e gli disse: “I tuoi fratelli sono a Sichem a pascolare il gregge . Valli a trovare e riferiscimi cosa fanno,  se hanno cura del gregge e si comportano bene”.  Spedito dalla valle di Ebron arrivò a Sichem. Ma i fratelli non c’erano, un contadino gli riferì che erano andati a Dotan. Ma ecco i fratelli di ritorno. Appena s’accorsero che era Giuseppe e veniva loro incontro esclamarono:  “Ecce somniator venit” . Viene il sognatore e tramarono il tradimento (la morte – il pozzo in primis e la vendita ai mercanti poi). Ma egli diventò presto  il viceré dell’Egitto, e il sogno come tutti sapete si avverò.
L’opera di Don Bosco è l’epilogo di un sogno. O meglio tutta la vita di Don Bosco è un continuo succedersi  di sogni strepitosi, che rivelano meravigliosamente il futuro e il programma  glorioso della sua vasta epopea.
Il primo sogno l’ebbe a l’età di 9 anni ai Becchi. E’ lui che parla: “A quell’età  ho fatto un sogno che mi rimase profondamente impresso nella mente per tutta la vita. Nel sonno  mi parve di essere vicino a casa in un cortile assai spazioso, dove stava raccolta una moltitudine di ragazzi che ivi dimoravano.  Alcuni  ridevano, altri giocavano,  non pochi bestemmiavano.  All’udire quelle bestemmie  mi son lanciato subito in mezzo a loro adoperando pugni e parole per farli tacere. In quel momento apparve un uomo venerando nobilmente vestito. Egli mi chiamò  per nome e mi ordinò di pormi alla testa di quei ragazzi, aggiungendo questa frase: “ Non con le percosse  ma con la mansuetudine  e con la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti subito a far loro un’istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù”. Confuso e spaventato soggiunsi che io ero un povero e ignorante fanciullo, incapace di parlare di religione a quei ragazzi. In quel momento quei ragazzi cessando dalle risse, dagli schiamazzi e dalle bestemmie,  si raccolsero tutti intorno a Colui che parlava.  Chi siete voi  – soggiunsi -  che mi comandate cosa impossibile?  Rispose:  “Appunto perché tali cose ti sembrano impossibili devi renderli possibili coll’obbedienza e con l’acquisto della scienza”.
- Dove, con quali mezzi potrò acquistare la scienza? 
- Io ti darò la Maestra, sotto la cui disciplina  potrai diventare sapiente e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza.
- Ma chi siete voi che parlate in tal modo?
- Io sono figlio di Colei che tua madre ti ha insegnato a salutare tre volte al giorno.
- Mia madre mi dice di non accompagnarmi con coloro che non conosco, perciò ditemi il vostro nome.
- Il mio nome domandolo a mia madre.
In quel momento vidi accanto a Lui una Donna di maestoso aspetto, vestita di un mando che risplendeva da tutte le parti come se ogni punto di quello fosse una fulgidissima stella. Scorgendomi confuso  mi fece segno di avvicinarmi  a lei che mi prese con bontà per la mano e: “Guarda!”, mi disse. I Ragazzi non c’erano più.  Al loro posto vidi una moltitudine di capretti, di cani, di gatti, di orsi e di parecchi altri animali.  Ecco il tuo campo dove devi lavorare.  Renditi umile, forte e robusto  e ciò che in questo momento vedi succedere di questi  animali  tu dovrai  farlo per i figli miei.
Volsi allora lo sguardo, ed ecco invece di animali feroci apparvero tanti mansueti agnelli che saltavano e belavano come per la festa e accorrevano attorno a quell’Uomo e a quella Signora.
A quel punto, sempre nel sonno, mi misi a piangere e pregai quella Donna a voler parlare in modo da farmi capire.
Ella mi pose allora la mano sul capo dicendomi:  A suo tempo tutto comprenderai. Ciò detto un rumore mi svegliò e ogni cosa disparve”.
Giovannino rimase sbalordito , né poté più chiudere occhio. Al  mattino con premura raccontò il sogno ai fratelli  che (imitando in questo i fratelli di Giuseppe figlio di Giacobbe)   si misero  a ridere: il fratello Giuseppe diceva: tu diventerai guardiano di capre, di pecore e di altri animali. No, diceva il fratellastro Antonio – forse farai il capo dei briganti!-.
Ma la madre, Margherita Occhiena,  una santa donna che vedeva nel figlio l’oggetto più caro della sua speranza, disse: Chissà che non abbia a diventare prete!  E prete fu,  attuando meravigliosamente tutto il programma del sogno anticipatore. Come Giuseppe , diventato per disposizione divina il viceré di Egitto, tutte le folle di affamati ricorrevano a lui, così a Giovanni Bosco accorsero folle di bisognosi .
Anche noi siamo assillati da tanti bisogni  non meno di quelli cui erano assillati i popoli confinanti con l’Egitto  e in specie i figli di Giacobbe. Rivolgiamoci fiduciosi a San Giovanni Bosco, che moltiplicò il pane ai suoi giovani e quella moltiplicazione determinò molti ragazzi  a non lasciare più l’oratorio e a farsi salesiani.
La vita di Don Bosco fu piena di amarezze e contrarietà  da parte di molti, anche dagli stessi suoi amici. Basta ricordare tutte le peripezie del  suo oratorio, le continue peregrinazioni dalla chiesa di San Francesco D’Assisi  fino ad arrivare a casa Pinardi, dove nascerà il primo oratorio stabile.
Don Bosco uomo di Dio, apostolo instancabile,  non sognò altro che salvare anime, soprattutto anime giovanili.
“La gioventù, scrisse il Cardinale Cagliero, era la sua missione, il suo amore, la sua vita e l’unico desiderio era che questa gioventù amasse Dio e fosse da Dio amata, conservasse la freschezza dell’età e la purezza del cuore”.
Non si possono raccontare tutti i sogni di Don Bosco perché moltissimi, ma ad uno in particolare occorre ancora fare riferimento. Correva l’anno 1878 e Don Bosco verso la metà del mese di Agosto fece un sogno. Gli sembrò di essere in un campo vastissimo dove facevano ricreazione animata i suoi cari giovani. Don Bosco in mezzo a loro, gioviale,  dispensava sorrisi. Ma ecco che mentre girava per i diversi gruppi del vasto campo, posò gli occhi su un gruppo un po’ speciale. Erano ragazzi dal volto bruno, dagli occhi vividi, ma gli occhi non sorridevano  e  i volti erano mesti.  “Chi siete ?”  domandò,  perché non giocate? Siamo siciliani risposero,  Don Bosco ha pensato  a tutti, tranne che a noi. Don Bosco, che nel sogno vide anche in lontananza  un centro abitato adagiato ai piedi dell’Etna,   si raccolse in sé ma non disse nulla ad alcuno.
Poco tempo dopo arrivarono delle lettere di Mons. Genuardi, Vescovo di Acireale, che lo pregavano di assumere la direzione del Collegio San Basilio di Randazzo. Don Bosco riunì i suoi collaboratori ma li trovò tutti restii, fu allora che Don Bosco parlò con tanto vigore e forza  che finirono per convincersi.
La Sicilia ebbe i primi salesiani nell’ottobre del  1879 a Randazzo, dopo qualche anno  a Catania e nel  1893 a  Messina. Ormai la scintilla aveva generato un grande fuoco e presto molte altre case sorsero in tanti centri della Sicilia, dando all’Opera  Salesiana  una miriade di sante vocazioni .

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